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Cool Stuff 15 Gen 2021
Francesco Grazioso

Tre film che dovevano uscire al cinema

Per l’arte è un periodaccio. Non staremo a ribadire concetti triti e ritriti su quanto questo periodo storico abbia cambiato abitudini, relazioni sociali, eccetera eccetera ma è importante sottolineare come il settore artistico sia tra quelli più dimenticati, o almeno trascurati, nelle valutazioni che da quasi un anno vengono fatte sulla, complessissima va detto, gestione economica dell’emergenza.

Sempre che ci fosse bisogno di un’ulteriore prova, l’arte è considerata dalla stragrande maggioranza dei cittadini, soprattutto quelli che risiedono nei gradini più alti della piramide decisionale, come un qualcosa di superfluo, non necessario alla sopravvivenza, quando invece sono state le produzioni di artisti in ogni campo a raccontare la storia dell’uomo, a permettere che tutto potesse essere vissuto con più leggerezza, a suggerire nuovi punti di vista per capire pregi e difetti di tutti noi.

Tralasciando i protagonisti sotto i riflettori, ci siamo dimenticati di chi lavora dietro le quinte, il vero punto di partenza di ogni “creatura” artistica, dai tecnici agli artigiani, fino ai gestori di teatri e cinema, veri basamenti di tutta la struttura che rende possibili le opere di ingegno.

Dopo questo piccolo ma fondamentale cappello introduttivo per non dimenticare quanto l’arte sia un lavoro con la “L” maiuscola (assurdo si debba ricordare), parliamo di cosa sia venuto meno nel concreto. Sono moltissimi, infatti, gli spettacoli che sarebbero dovuti andare in scena sui palchi di tutto il mondo, tra opere e concerti, e che hanno visto il loro corso bloccato dalle restrizioni; ma non se la passa di certo meglio il mondo dei film, con numerosi titoli mai usciti al cinema. 

Il discorso qui si divide in due strade agli opposti: chi decide di aspettare strenuamente fino alla riapertura dei cinema (vedi Carlo Verdone con “Si vive una volta sola”) e chi invece opta per distribuire il proprio film nelle piattaforme di streaming o affini. 


Quest’ultimo è il caso dei tre titoli di cui parleremo a breve, tre casi e generi diversi per evidenziare le possibilità offerte dalle nuove piattaforme di streaming che stanno cambiando velocemente (ancora di più grazie/a causa del momento unico che stiamo vivendo) il concetto di fruizione ed intrattenimento.

Soul

“Soul” è l’ultimo film d’animazione firmato Disney Pixar, distribuito in esclusiva il 25 dicembre 2020 sulla piattaforma Disney+. È l’ennesima dimostrazione di abilità da parte di sceneggiatori ed animatori del colosso statunitense, capaci di trattare temi profondi e delicati come la morte ed il senso della vita con un linguaggio leggero, inventando, quando necessario, figure e personaggi per riuscire a spiegare cosa succede prima della nascita e dopo la dipartita delle persone.

Sceneggiatori e regia sono gli stessi di “Up”, la firma è riconoscibile anche dalla grazia del trattamento degli argomenti che riesce a riunire adulti e bambini in un unico abbraccio narrativo, parlando a tutti di “cose non per tutti”.

Particolare menzione alla recitazione, all’elemento musicale alla base della storia (il protagonista è un pianista) e, soprattutto, al doppio significato del titolo: “Soul”, nel senso del genere musicale e di anima, dalla quale anche il genere prende ispirazione.

“Soul” è un film sulle anime e per le anime che ci ricorda che esistono linguaggi diversi oltre a quelli ormai tipici da social per parlare dei temi più importanti.

Tutti per 1 – 1 per tutti

Torniamo in Italia con il secondo capitolo della saga dei moschettieri di Dumas firmato Giovanni Veronesi. Anche in questo caso il film sarebbe dovuto uscire al cinema ma a causa delle chiusure delle sale è stato distribuito il giorno di Natale su Sky Cinema Uno. Da sottolineare la scelta del giorno, lo stesso di “Soul”, in modo da creare interesse e riunire, per quanto possibile, le famiglie davanti a televisioni (o altri device) a guardare vere e proprie favole, contemporanee o meno.

La trama, senza soffermarcisi troppo, riprende le vicende del romanzo di Alexandre Dumas rivisitate in chiave comica dal regista toscano grazie all’abilità degli interpreti: Pierfrancesco Favino, Rocco Papaleo e Valerio Mastandrea.

La vera notizia che accompagna l’uscita di questo sequel sta nella mole di pubblico raggiunto nella sola prima giornata di distribuzione, 921 000 spettatori, raddoppiati in una settimana, diventando così il film più visto su Sky da diversi anni.

Il cinema ha tutto un altro fascino che va dalla poltroncina fino alle risate trascinanti dei “compagni” di visione, questo è certo; bisogna però ammettere che “Tutti per 1 – 1 per tutti” diventa un chiaro testimone di come siamo entrati in una seconda epoca di pubblico e fruizione che, se non può e non deve spodestare le sale, diventa una valida alternativa.

Favolacce

Dalle favole raccontate in “Soul” e “Tutti per 1 – 1 per tutti”, alle “Favolacce” con Elio Germano di Damiano e Fabio D’Innocenzo, secondo film da registi per i due gemelli.

Servirebbe un articolo a sé per raccontare la trama di questo dramma ambientato nella periferia romana in cui il destino di alcune famiglie, dalla vita apparentemente monotona, si intreccia dando alla luce problemi, insoddisfazione ed invidia.

Il clima grottesco del film non fa che alimentare l’angoscia dei personaggi, offrendo al pubblico un pugno nello stomaco fortissimo.

Il film è stato presentato a febbraio 2020 al “Festival internazionale del cinema di Berlino” vincendo l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura, oltre a numerosi altri premi in altri concorsi, e sarebbe dovuto uscire nelle sale il 16 aprile. La distribuzione al pubblico è così avvenuta a pagamento su svariate piattaforme tra cui Sky, Chili, Google Play e Rakuten, incassando 819€ il primo giorno e 13 000€ alla prima settimana. Cifre che sembrano (e sono) ridicole e che palesano il momento di difficoltà per il cinema visto che è stato, in ogni caso, il secondo film più visto della giornata di lancio.

“Favolacce” è quindi stato proposto agli spettatori, a differenza dei due titoli precedenti, non all’interno di un abbonamento già prestabilito, ma a noleggio con un sovrapprezzo sul pacchetto principale: una via ulteriore per distribuire nuovi titoli sul mercato cinematografico.

L’articolo non vuole essere un appello pro-streaming e contro le sale cinematografiche ma, anzi, tutto il contrario. 

Infatti, il titolo “tre film che dovevano uscire al cinema” non è un superficiale mancato utilizzo del condizionale ma un rammarico, poiché vedere questi film sul grande schermo sarebbe stata tutt’altra esperienza. Rimane viva la speranza che un giorno possano essere proiettati, perché i film DEVONO essere visti al cinema. Lo streaming non è che un’opportunità ulteriore per offrire vie diverse alla distribuzione ed allungare la vita dei film, nonché una soluzione da utilizzare in caso di pandemia… ma solo una volta nella storia del mondo, si spera.

“Il cinema non è morto, lunga vita al cinema!”

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