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Scene in cui è impossibile non immedesimarsi - Volume 3
Pensavate fosse tutto finito con il Volume 2 (che potete trovare qui), vero? E pensare che forse c’è qualcuno, una minima parte, che addirittura credeva che la cavalcata di questo studio simpatico quanto fine a sé stesso si sarebbe fermata alla prima parte (che, invece, potete trovare qui).
E invece no, eccoci in pompa magna con il terzo volume di “Scene in cui è impossibile non immedesimarsi”, un piccolo spazio in cui parlare di film e canzoni, per essere precisi “canzoni diegetiche”.
Ma cosa sono queste “canzoni dietetiche”? Ah, quindi non avete letto i primi due volumi… non bene. Ma siamo buoni e ripetiamo: sono canzoni all’interno di un film che anche i protagonisti stessi riescono a sentire; perlomeno, questa è la sensazione, o se vogliamo l’inganno, dello spettatore.
Quindi, in sintesi, questo articolo continua ad essere dedicato a tutti quei momenti di racconto eterogenei all’interno dei film che ritagliano all’improvviso un momento a sé, slegato da tutto, come fosse un piccolo videoclip.
Perché (e questo era il messaggio alla fine della prima parte, poi ripreso nella seconda e chi siamo noi per non inserirlo anche nella terza) non dobbiamo mai trascurare le cose che leggiamo o guardiamo e che ci trasmettono emozioni, soprattutto quelle più piccole ma profonde. Dobbiamo cercare di capire il perché, cosa c’è che mi coinvolge così tanto? È la canzone? Il ballo? E perché nonostante sia un qualcosa di surreale riesce ad essere così legato al racconto? Tutto ci parla, le canzoni all’interno di film e serie tv interagiscono con la storia, ce la anticipano o la completano, oltre ad integrare l’esperienza dello spettatore e come percepisce ciò che sta guardando. Perché da sempre e per sempre il segreto è tutto lì, nella canzone giusta al momento giusto.
Tutti pronti? Devo ripetere? Oh, bene. Ripartiamo con il viaggio. Ecco altre 5 scene che, da sempre, non dico che vorrei interpretare ma rivedere periodicamente, quello sì.
Perché è impossibile non sognare di immedesimarsi ascoltando una determinata canzone, magari atteggiandosi, passeggiando tra la gente e sembrare, inevitabilmente, matto.
Banana Boat, Beetlejuice (1988)
Partiamo da una casa infestata, e no, non la solita casa infestata. Perché se durante una cena gli spiriti decidono di movimentare il banchetto dei nuovi arrivati con un’improvvisata coreografia controvoglia può sì essere fastidioso, ma non sulle note di “Day-O” di Harry Belafonte. Un momento assurdo e pittoresco tanto quanto l’arredamento della sala da pranzo o, ancora più in grande, come tutto il film, che ci regala un balletto senza età, unito dalle facce incredule di tutti i commensali. Tutto il film è una gigantesca danza dell’assurdo, ma d’altronde come potrebbe essere altrimenti se si passa da Belafonte a Danny Elfman, con Tim Burton come direttore d’orchestra?
Sweet Transvestite, The Rocky Horror Picture Show (1975)
Lo so, lo so, so cosa state per dire… i musical non dovrebbero valere perché se no non si finirebbe più (al 99,9% non lo stava per dire nessuno ma è sempre stato un mio sogno poterlo scrivere, un po’ come dire “me lo state chiedendo in moltissimi…” quando l’unico messaggio che hai ricevuto durante la settimana è quello del rinnovo dell’abbonamento di Fastweb).
In ogni caso, i musical non valgono, ok, ma non mi sarei mai perdonato di lasciare fuori una colonna portante dello “spettacolo musicale” mondiale, pieno di vero rock ‘n’ roll troppo spesso trascurato.
Dal “Rocky Horror Show” si potrebbe pescare a caso, ogni canzone è una gemma nella cui performance è impossibile non immedesimarsi. Scelgo questa, cantata da Tim Curry, che negli anni successivi sarà il Signore delle Tenebre prima e Pennywise poi, perché capace di risvegliare ogni sfumatura nascosta del nostro Io. Impossibile non volersi vestire come Frank-N-Furter (non fate i puritani) e far partire la festa.
La scena del pianoforte, Profondo Rosso (1975)
Ecco, qui meglio non immedesimarsi. Non si canta, non ci sono sentimenti felici. Vorrei però sottolineare la sciccheria musicale: la colonna sonora che sottolinea il pathos della scena è visibile, è reale, è, appunto, “diegetica”. È il protagonista stesso ad accompagnare con le proprie dita sul pianoforte l’incedere del serial killer appena entrato in casa sua.
Non sempre bisogna sentirsi coinvolti nei sentimenti positivi, bisogna riconoscere quanto questi pochi secondi musicali di vero thriller ci trasportino al fianco di Marc, tra sudori freddi e calcinacci.
Rossetto e cioccolato, Le conseguenze dell’amore (2004)
Ormai siamo un po’ usciti dal concetto di volontà di immedesimazione, sposando quello un po’ più ampio di coinvolgimento emotivo della singola scena, come già detto: un piccolo frammento che già da solo, slegato dal film, può regalare un momento comunicativo intenso.
Esattamente come nel caso del film più bello di Paolo Sorrentino (parere di chi scrive), quando sentiamo la voce di Ornella Vanoni riempire l’abitacolo della macchina che sta trasportando il protagonista Titta di Girolamo, aka Toni Servillo, verso il proprio destino.
Sembra tutto sbagliato: è sbagliato quel brano per il dramma che è in corso, è sbagliato il tentativo di andare a tempo dell’uomo seduto nel posto del passeggero, è sbagliato che Titta sia lì dentro, è sbagliato che l’anziano a fianco a lui stia dormendo, è sbagliata la percezione della trama. E qui mi fermo. Ma è tutto talmente sbagliato, che è tutto dannatamente giusto.
This must be the place, This must be the place (2011)
Terminiamo con un vero e proprio videoclip inserito all’interno di un lungometraggio. Siamo sempre nel mondo costruito da Paolo Sorrentino, nel suo lato più intimo, per rendere omaggio a una delle sue fonti d’ispirazione, come confermato al momento della vittoria dell’Oscar a “La grande bellezza” del 2014: i Talking Heads.
È la canzone stessa eseguita dalla band americana a dare il titolo al film, una ricerca del “posto giusto” da parte del protagonista. Protagonista, Sean Penn, che vediamo tra il pubblico ad ascoltare l’esibizione di “This must be the place” e sembra essere ovunque, tranne nel posto giusto, esattamente come in quasi tutto il film. E noi con lui: “I feel numb, burn with a weak heart. I guess I must be having fun”.
In conclusione la domanda è sempre la stessa: ci sono “scene musicali nei film” in cui ti immedesimi ogni volta che le vedi e vorresti averle vissute in prima persona? Passeggi tra gli sconosciuti e ti senti John Travolta ne “La febbre del sabato sera”? Scrivi subito, siamo alla continua ricerca di nuovi spunti per il Volume 4 di “Scene in cui è impossibile non immedesimarsi”!
(Continua…?)
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