Ogni generazione ha il brainrot che si merita.

Dal nonsense di Alice nel Paese delle Meraviglie al fenomeno virale dell’Italian Brainrot, ogni generazione adolescente sviluppa una sottocultura che rompe con i concetti tradizionali di bello e sensato. Una ribellione estetica e linguistica alla ricerca di un’identità separata da quella degli adulti.

Dal Cappellaio Matto agli Sporcelli di Roald Dahl, da Rosario Malario degli Sgorbions a Ballerina Cappuccina, il pantheon dei personaggi insensati nati da mashup cross-culturali è vastissimo.

Nel 1985, Art Spiegelman — poi celebre per la graphic novel Maus — volle prendere in giro le stucchevoli bambole Cabbage Patch Kids (in Italia, gli “Adottini”): nacquero così i Garbage Pail Kids, noti da noi come Sgorbions. Personaggi demenziali, grotteschi, spesso disgustosi, con nomi trucidi come Gastone Bubbone o Donata Avariata.

Oggi, nell’era dei social e dell’intelligenza artificiale, i mostri caotici dell’Italian Brainrot — mezzi umani e mezzi animali, con nomi improbabili e slogan assurdi — riprendono lo stesso spirito radicale: il desiderio di non essere capiti. Ogni generazione lo ha fatto a suo modo; oggi lo si fa con prompt AI, remix, meme, filtri vocali e video verticali.

L’indigestione culturale di contenuti digitali, pubblicitari e di intrattenimento, unita alla possibilità partecipativa offerta dalle nuove tecnologie, ha creato una Lore — una mitologia, un universo modulare — popolata da personaggi memetici in continua espansione. Nessun editore, nessuna coerenza richiesta. Basta la viralità.

E mentre gli adulti si chiedono: “Ma cosa vogliono dire? Perché non mi fanno ridere?”, l’unica risposta possibile è:

Trallallero Trallalà.

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