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Cool Stuff 16 Lug 2024
Francesco Grazioso

5 videoclip perfetti

La storia dei videoclip ha seguito una traiettoria simile a quella di una montagna russa: una lunga ma rapida salita verso l’alto, partendo da Waterloo degli ABBA e Bohemian Rhapsody dei Queen, per poi districarsi in un forsennato gioco di risalite e discese, fino al crollo verso l’abisso in seguito alla stagione d’oro di MTV, e a un nuovo viaggio verso l’alto grazie alla nascita di YouTube, capace di dare nuova vita a un contenuto che, tuttora, rappresenta uno dei cardini dell’attività di artiste e artisti.

Proprio a Bohemian Rhapsody del 1975 dobbiamo, quasi per caso, la celebrità e l’efficacia di questo formato. Freddie e compagni non potevano esibirsi in diretta nel corso del programma televisivo nel quale erano invitati e così decisero di riprendere la performance. Per non banalizzare l’intervento, il regista dell’epoca pensò ad una coreografia integrata a montaggi e animazioni. Ed ecco impacchettato uno dei primi contenuti promozionali della storia.

Ma cos’è un videoclip? Un biglietto da visita dell’artista, un modo diretto per promuovere sia un brano che chi lo sta proponendo, un contenuto per intrattenere. Tutto questo e tanto altro. 

Perché il videoclip è immedesimazione. Racconto visivo e sonoro, un pacchetto unico che sembra parlarci direttamente al cuore. E cosa rende un videoclip efficace? La voglia di rivederlo da capo una volta finito.

I videoclip innovativi, coinvolgenti, esteticamente impeccabili sono davvero tantissimi e, grazie a questo nuovo boom del formato video, sono caricati quotidianamente su tutte le piattaforme. E allora proponiamo una piccola selezione di cinque videoclip “perfetti”. 

O perlomeno che si avvicinano alla perfezione. 

O che comunque ci sono piaciuti molto.

Hurt, Johnny Cash

"I hurt myself today to see if I still feel. I focus on the pain, the only thing that's real”. Così inizia la canzone dei Nine Inch Nails, coverizzata in maniera struggente dal Man in Black. E guardare questo “documento storico”, come lo ha definito il produttore Rick Rubin, è davvero qualcosa che fa male, in qualsiasi senso lo si voglia intendere. Un videoclip, nato dalle esigenze di andare incontro alle condizioni di salute di Johnny Cash, in cui è racchiusa tutta una vita. O meglio, tutte le vite del cantautore. Quasi 4 minuti in cui ripercorrere settant’anni: la carriera, i successi, l’amore per la cara June Carter Cash ma anche le sfumature negative, che inevitabilmente fanno capolino in ogni angolo dell’esistenza. E noi cerchiamo di allontanarle, di far finta di non vederle ma come un vecchio amico ci aspettano dietro l’angolo e non possono essere dimenticate: “The old familiar sting try to kill it all away but I remember everything”.

Bitter Sweet Symphony, The Verve

Chi non si è sentito almeno una volta come Richard Ashcroft? In giro per una qualsiasi città, con le cuffie nelle orecchie, fingendo di essere il protagonista della canzone in ascolto. Con quella voglia e coraggio di spaccare tutto che solo un ascolto privato è capace di nascondere a chi ci passa di fianco. E non esistono ostacoli che non possono essere superati, non esiste sconosciuto capace di fermarci. Siamo solo noi, la nostra musica e una strada dritta verso l’emozione. Peccato che poi ci togliamo le cuffie e ad aspettarci c’è sempre la vita.

Weapon Of Choice, Fatboy Slim ft. Bootsy Collins

Il livello di immedesimazione raggiunge i picchi di “Bitter Sweet Symphony”. Non importa se stiamo ascoltando una delle nostre canzoni preferite o meno. Può anche essere la primissima volta che stiamo sentendo qualcosa. Ma è proprio impossibile restare fermi. E prima parte una gamba. Poi l’altra. E iniziare a ballare è un attimo. Ora tutto è possibile, ci sentiamo magici. Le capriole sembrano la cosa più semplice mai fatta prima, non ci sono più limiti ed è possibile anche volare. Ma poi riapriamo gli occhi e non siamo in una versione più allegra dell’Overlook hotel ma nella nostra camera. E, soprattutto, non abbiamo il carisma di Christopher Walken. Ma quanto ci siamo divertiti.

P.S.: questo videoclip è talmente impattante che esistono due remake. Uno dichiarato by Elio e Le Storie Tese e uno liberamente ispirato usato per promuovere una nuova fragranza di Kenzo

Star Guitar, The Chemical Brothers

Questo videoclip è diretto da Michel Gondry. Quello di “Se mi lasci ti cancello”, per intenderci. Aspettarsi qualcosa di banale quindi non è assolutamente possibile. Ad una prima visione viene da chiedersi: “sì, ma quando succede qualcosa?”. Sembra uno scherzo. Ma poi pian piano entriamo dentro alla musica e capiamo che non siamo di fronte solamente a una serie di binari ed edifici in successione. Il contesto cittadino É la musica. Sono un tutt’uno e viene da chiedersi. Ma nasce prima la canzone o il videoclip?

This is America, Childish Gambino

In questo caso è quasi difficile parlare di videoclip. Qui abbiamo una narrazione, un simbolismo che dona potenza alle immagini. Siamo costantemente rassicurati dalla musica e da ciò che vediamo per poi essere improvvisamente sconvolti, in un gioco di contrapposizioni in cui "tutto sembra andare bene quando fuori c’è la morte” (come Boris insegna). Una perfetta metafora dell’America e delle condizioni di vita degli afroamericani in una coreografia folle che ricorda il balletto del Joker di Joaquin Phoenix, completo di drammatico e apocalittico epilogo. 

I videoclip non sono mai solamente dei videoclip. O meglio, non dovrebbero esserlo, vista la possibilità di racchiudere in pochi minuti infiniti livelli di narrazione personale e sociale. 

O forse il timore è proprio quello. Che il tempo a disposizione non basti per raccontare tutto.

Ma per fortuna dalla nostra parte c’è la musica che mette a posto le cose.

(Continua…?)

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