Chit-Chat
Uno scudo in vibranio per dire chi sono (Spoiler Alert!)
Pensando a quale argomento volessi trattare per questo articolo, le prime domande che mi sono posta sono state: “a me cosa sta a cuore in questo momento? Cosa c’entra quello che mi piace con il mio lavoro, con la tecnologia con cui ho tutti i giorni a che fare?”
Avevo appena finito di guardare l’ultima puntata di Falcon and The Winter Soldier e la risposta mi è apparsa davanti chiara e limpida: ciò che l’universo Marvel ci sta raccontando da alcuni anni a questa parte non è semplicemente una storia, intrigante certamente, bella da vedere senza dubbio, ma è molto di più. È una finestra che si apre sulle molte domande e questioni che riguardano la vita dei “senza poteri” di tutti i giorni, ovvero, una lente di ingrandimento su di me (eh sì, purtroppo anche io sono una “senza poteri”).
In Avengers: Infinity War e EndGame ciò che diventa lampante e che arriva come una mazzata nello stomaco è che l’uomo non si salva da solo (neanche i semi-Dei), neppure se ha a disposizione tutte le tecnologie necessarie: come quelle che consentono di smembrare un corpo semi-umano senza danneggiarne i neuroni; quelle che proteggono gli amici lanciandoli dentro un fascio di fotoni che li trasportano da un punto imprecisato dello spazio fin sulla terra, e, infine, quelle che consentono di muoversi nel mondo quantico per tornare indietro nel tempo e cambiare la storia presente.
Qui qualcuno potrebbe obiettare dicendo: “Ma come, tornano indietro, recuperano le gemme e salvano il mondo, certo che questo è bastato!”. Posso accettare che la tecnologia abbia dato una grandissima mano al compiersi dello scopo, ma i punti nevralgici e gli snodi importanti dei film Marvel e delle serie tv sono i rapporti che si instaurano tra i personaggi e la loro crescita personale, che permettono di sfruttare le risorse e di trovare la loro strada, di trovare chi sono veramente. L’esempio più lampante di tutti è proprio in Falcon and The Winter Soldier. Uno dei protagonisti è Falcon, l’Avenger che mai ho calcolato, quello che ad inizio serie ti chiedi: “A cosa serve fare un focus su di lui?”. La storia inizia con Sam (aka Falcon) che regala all’America lo scudo di Captain America (un potentissimo scudo in vibranio fatto in Wakanda e rimaneggiato dalla tecnologia di Tony Stark), e già qui salgono i primi dubbi sul continuare o meno la visione, regalandogli il tuo tempo. Poi la trama si inizia a delineare e come sottofondo si innestano tante tematiche. Più il racconto va avanti, più queste passano dall’essere “marginali” all’essere fondamentali per capire cosa sta accadendo. Quello che più di tutti mi ha colpito è lo scopo dello scudo nella storia e ciò che rappresenta.
Inizialmente, Sam cede lo scudo perché pensa di non poter essere Captain America, ma... chi glielo ha mai detto? Nessuno nella serie parla di questo tema in modo esplicito, almeno all’inizio, ma questo lo spettatore appassionato lo sa.
Non sono qui per fare un riassunto, ma arrivando alla conclusione della serie, Sam, dopo aver affrontato tutte le sfide fianco a fianco di Bucky [SPOILER ALERT] decide di riprendere in mano lo scudo e dire, finalmente, chi è: lui è Captain America. Ma non perché abbia i super poteri o sia biondo e palestrato, lui è Captain America perché vive e affronta la vita con la stessa grandezza e vertigine con cui un vero eroe la vive, con cui chi ha amici, famiglia, una comunità che lo sostiene la vive, con cui Sam Wilson ha deciso di viverla d’ora in avanti.
Bene... bello, ma lo sapevate già vero?
Allora arriva la prossima domanda: ci avete mai pensato, guardando la vostra vita?
Sono convinta che la tecnologia non basti a rendere belle le mie giornate, a salvarmi dalla monotonia che crea un lockdown in piena pandemia? E se, invece, questa bolla dentro cui ci rinchiudiamo mi potesse far crescere e scoprire chi sono veramente io, se usata in modo diverso?
Io lavoro davanti al computer, faccio un mestiere che richiede una corsa continua in termini di produzione e aggiornamento… quante volte mi capita di guardare lo schermo e pensare che se avessi quella certa cosa che internet mi propone in mille modi diversi, allora sarebbe tutto più facile, più semplice.
Il mio lavoro, l’uso della tecnologia e di internet in particolare, può essere il mondo che mi grida che sarò sempre indietro e inadeguata, mancante di qualcosa, oppure l’opportunità di dire “io sono altro da quello che mi dite di essere” e sfruttare tutto questo a mio vantaggio, magari scrivendo un articolo che tratta di tante cose che amo, che ho scoperto e che mi fanno dire, alla conclusione di questo papiro “che bello potermi raccontare così, questa cosa mi piace molto”.
Credo che il passo successivo ad appassionarsi alla saga guardando un bel film sia iniziare a chiedersi cosa ci vuole dire quella storia, e vedere se posso crescere anche io come protagonista della mia vita.
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