5 programmi tv che non avrebbero più senso di esistere oggi

Senza categoria 19 Nov 2020

5 programmi tv che non avrebbero più senso di esistere oggi.

La maggior parte di noi quando era bambino passava molto più tempo davanti alla televisione rispetto ad ora. Le abitudini erano diverse, i device erano decisamente di meno e, opinione comune, i programmi in palinsesto erano molto più belli.

Tutti abbiamo ricordi teneri e nostalgici legati ad un certo presentatore, un programma, un tormentone che quella scatola gigantesca (ai tempi) ci ha trasmesso, tenendoci compagnia in lunghi pomeriggi o stanche serate dei tanto amati anni ’90.

Ricordi talmente rosei da convincerci che quel tipo di televisione fosse migliore, anche grazie ad un momento storico più stimolante e pieno di valori, a differenza della contemporaneità (almeno, secondo molti). La più classica delle sindromi dell’epoca d’oro (per chi non sapesse cosa sia consigliamo Midnight in Paris di Woody Allen).

Non vogliamo ora giudicare o disquisire sulla qualità televisiva né del presente né del passato ma fare una riflessione sul fatto che i tempi siano cambiati e moltissimi programmi tra quelli che vorremmo tornare a vedere in televisione ora come ora non avrebbero motivo di esistere per via dei mutamenti sociali e tecnologici. Cambia l’attenzione, cambiano i protagonisti, aumentano le distrazioni e quindi mutano anche i palinsesti.

Ecco cinque programmi televisivi che oggi, probabilmente, fallirebbero in termini di share. Per fortuna o purtroppo.

Festivalbar (1964–2007): https://youtu.be/MW7RnLQqyts

Andato in onda dal 1964 al 2007 è il programma televisivo che ha fatto affezionare generazioni e generazioni di giovani e meno giovani alla musica, non solo italiana ma internazionale. Un concorso canoro che toccava varie città italiane per poi terminare con la grande finale all’arena di Verona. Tralasciando il concetto di “sorpresa del vincitore finale”, impossibile al giorno d’oggi con le puntate registrate settimane prima e i milioni di smartphone a disposizione di tutti pronti a fare spoiler, il Festivalbar ha cessato di esistere più per motivi economici che altro. È una manifestazione visionaria e, dal punto di vista d’oggi, decisamente ottimista vista la mole di persone coinvolte nella produzione, in termini economici. Nella televisione italiana nessuna rete sarebbe in grado di reggere tali costi per la realizzazione di un programma.

Come metro di paragone si potrebbe usare l’immortale Festival di Sanremo che, però, vede la sua sede sempre fissa.

Ma non finisce qui. Oltre ai costi produttivi, bisogna prendere in esame la perdita di share del Festivalbar nelle ultime edizioni, sintomo della mancanza di interesse da parte del pubblico, immerso in un mondo dove YouTube, iTunes, MySpace e tante altre piattaforme iniziano a spopolare, spostando l’attenzione verso una musica facile da reperire e comoda da ascoltare, migliore rispetto al playback con le urla come sottofondo, tipiche delle serate del Festivalbar.

Rimane comunque un affetto illimitato nei confronti di un programma televisivo che ha portato in tutte le nostre case gli idoli di intere generazioni: da Lucio Battisti a Vasco Rossi, da Paolo Meneguzzi ai Cartoon. Un peccato che si sia spento (neanche troppo) lentamente.

Matricole&Meteore (2002, 2010)

“Che fine ha fatto quel vecchio tipo che si vedeva alla televisione?”, “Com’era Michelle Hunziker ai suoi esordi?”, “Sai che Carlo Calenda da bambino ha fatto l’attore?”: tutte domande alle quali oggi risponde qualsiasi social network. Anzi no, meglio ancora, non fai neppure in tempo a farti la domanda che queste curiosità ti vengono sbattute in faccia e diventano virali, riportando in auge foto, video e apparizioni “vergognose” dei personaggi famosi che vediamo quotidianamente.

Questo era il concetto alla base di Matricole&Meteore, programma che utilizza la televisione per parlare di televisione con video e foto di repertorio. Un format che avrebbe trovato terreno agevole nella frenesia dei nostri contemporanei social network che, senza vergogna e perdono, ripropongono la storia di tutti noi, da quando eravamo emo fino al matrimonio. Va dato atto, infine, alla bravura degli autori di questo programma di aver trovato tantissimi contenuti in periodi storici dove le ricerche internet non erano così efficienti.

Matricole&Meteore da dieci anni non esiste più, rimangono le indimenticabili Shout di Otis Day & The Kings e Starman di David Bowie a scandire i ricordi delle puntate.

Mai dire Gol (1990–2001): https://youtu.be/0pSa3XRL2lE

Mai dire Gol è il programma che ha stravolto il racconto calcistico italiano negli ultimi trent’anni; capace di prendere in giro chiunque, dalla squadra o il giocatore più forte al “pippone” di turno, oltre a lanciare alcuni tra i comici più importanti della storia della risata in Italia: Aldo, Giovanni e Giacomo, Antonio Albanese, Fabio De Luigi, Paola Cortellesi, ecc. Anche questo tipo di contenitore, oggi, non avrebbe la fortuna che gli spetta per almeno tre motivi.

Il primo è l’intervento dei comici durante il programma, un format che ha visto scomparire i suoi rappresentanti più importanti, basti pensare a Zelig, e che vede nella fruizione “snack” di internet la sua fruizione più efficace. In secondo luogo, il mutamento del mondo del calcio, incapace oggi di mettersi in gioco come allora, sempre più serioso ed incentrato sul denaro: indimenticabili le sigle di Mai dire Gol con protagonisti alcuni dei migliori calciatori ed allenatori degli anni ’90… riuscite ad immaginarvi Cristiano Ronaldo oggi a cantare una canzone di Elio e le Storie Tese a torso nudo? In ultimo luogo vale la motivazione riportata anche per Matricole&MeteoreMai dire Gol fondava il suo successo perlopiù su video divertenti fatti di errori sui campi di calcio di ogni tipo, strafalcioni nelle interviste e siparietti dei salotti televisivi a sfondo calcistico, tutti contenuti che pagine come Chiamarsi Bomber e Calciatori Brutti, popolarissime sui social, pubblicherebbero quasi in real time, mettendo fuori gioco i tempi di preparazione di una trasmissione televisiva. Fortunatamente la Gialappa’s Band continua ad esistere, commentando in maniera cinica e politicamente scorretta reality ed altri programmi televisivi, abbandonando il calcio se non per fare le radiocronache durante le competizioni internazionali. Va dato atto, però, che sono stati i precursori di tutte queste pagine che sfruttano il goffo del calcio per avere seguito.

Sarabanda (1997–2004, 2005, 2017): https://youtu.be/-p2zVaVOUo8

Nel 2017 hanno cominciato a circolare sui social vecchi stralci di puntate di Sarabanda, riportando in auge, oltre all’Uomo Gatto, personaggi come Coccinella, Tiramisù, Max e Valentina. Subito si è riacceso l’entusiasmo nei confronti di questo programma dove fenomeni studiati in laboratorio erano capaci di indovinare canzoni ascoltando solamente una nota. Come conseguenza diretta Mediaset ha deciso di produrre alcune serate evento per riportare sul piccolo schermo i protagonisti storici del programma. Risultato? Un mezzo flop. L’interesse degli utenti, evidentemente, si fermava al gustarsi queste pillole a tempo perso, provando tenerezza (e anche un po’ di imbarazzo) nei confronti dei concorrenti e del proprio alter ego di fine anni ’90, incollato davanti alla tv a guardare Sarabanda. Un programma che, visto ora, era il precursore del trash e dei mutanti televisivi proposti da molti format tra reality e quiz.

Gli spettatori sono cresciuti, con il proliferare dei social come “commento televisivo” hanno maturato anche un aspetto critico più severo e i concorrenti improbabili e un po’ freak di Sarabanda sono visti, spesso erroneamente, dall’alto in basso… certo che vedere Enrico Papi urlare: “La bambaaaaaa!” un po’ di autostima, inevitabilmente, la fa aumentare.

Il programma, rivoluzionato, con il nome nuovo di “Name that tune” e l’inserimento di concorrenti vip provenienti dal mondo musicale è appena tornato su Tv8.

Solletico (1994–2000): https://youtu.be/5_iBRZOndAo

Migliaia di bambini sono cresciuti negli anni ’90 grazie a Solletico, un programma contenitore in onda su Rai Due, in cui due squadre, composte da ragazzi di elementari o medie, si sfidavano in alcuni giochi, alternati dalla visione di alcuni cartoni animati vintage e nuovi.

A qualsiasi ragazzino cresciuto in quegli anni verrebbero gli occhi lucidi pensando a Solletico e a quelle due ore magiche e spensierate.

I bambini di oggi, invece, guardano sempre meno la televisione per dedicarsi a video o giochi su smartphone e tablet e, soprattutto, non hanno la capacità di mantenere l’attenzione per due ore su un solo programma televisivo. Come già detto abitudini e canali sono cambiati: Solletico era l’ideale negli anni in cui la tv era la sola compagnia pomeridiana, oggi con tutti gli strumenti a disposizione potrebbe fare la parte di una vecchia zia che per due ore, appunto, procede con i suoi racconti sentiti e risentiti. Peccato. Unica nota personale: riportate Mauro Serio in tv.

Un’ultima menzione per una che potremmo definite un’eccezione: Techetechetè.

Si è detto per Matricole&Meteore e Mai Dire Gol di come il loro successo sia scemato per il fatto che i contenuti proposti (video amatoriali o di repertorio) siano facilmente reperibili sul web.

Anche Techetechetè, striscia estiva in onda su Rai Uno prima del prime time, si basa sullo stesso concetto: puntate tematiche con video d’epoca rigorosamente Rai. Il programma è da sempre un grande successo, questo grazie innanzitutto alla vastità delle teche Rai, capaci di racchiudere una mole di materiale video senza precedenti dalla sua fondazione ad oggi.

Inoltre, Techetechetè non mostra video divertenti o curiosi, ma mette in onda la nostra storia. Riporta alla luce, per pochi istanti, volti e programmi dimenticati creando carrellate di ricordi che stringono il cuore. Il fatto che i frammenti durino così poco assomiglia da vicino alla visualizzazione social, solo che invece di scrollare, il susseguirsi delle immagini è gestito in modo frenetico dal montaggio.

Da questa carrellata sembra che tutti i programmi televisivi spariti dai palinsesti non meritino uno spazio nel panorama attuale, ovviamente non è così. Per la par condicio ecco tre titoli che, riadattati, potrebbero interessare il grande pubblico. Primo tra tutti Art Attack, il programma condotto da Giovanni Muciaccia dove fantasia e creatività dei bambini erano stimolati dalle opere realizzate dal conduttore. Rendendolo più corto e con contenuti satellite pubblicati sui social o tramite un’app, Art Attack potrebbe trovare nuova linfa vitale e tornare a far sognare i piccoli telespettatori. Dopodichè si può pensare a Il Galà della pubblicità (1996–2005) programma che premiava le migliori pubblicità dell’anno e che, visto il proliferare di nuovi linguaggi pubblicitari e formati, basti pensare ai branded content, potrebbe premiare e proporre nuove categorie variegate e diverse dalla tradizionale pubblicità di 30 secondi, riuscendo anche a fare uscire dall’anonimato gli autori degli spot, invisibili al grande pubblico.

Per concludere, Giochi senza frontiere. Il game show è andato in onda dal 1965 al 1999 ed è stato per anni il vero collante delle nazioni dell’Unione Europea. Mai come ora servirebbe un contenuto leggero dove la competizione tra i vari paesi dell’Unione possa diventare qualcosa di ludico, senza interessi economici ma solo competitivi per far trasparire i valori dello sport… e poi visto come sta andando nel calcio, sarebbe l’unico modo per battere la Francia.

A parte gli scherzi, anche il racconto di Giochi Senza Frontiere potrebbe uscire dalla sola cornice televisiva per sfruttare i social network di tutta Europa, alimentare le discussioni online e creare contenuti nuovi, correlati alle prove.

https://youtu.be/gqHsZo90WdU

Anche chi scrive, ripercorrendo i titoli e alcune scene dei programmi citati, ha avuto i brividi di nostalgia.

L’importante è avere coscienza del fatto che non fossero i programmi ad essere migliori ma solamente diversi, come diversa era la nostra vita in quel momento e, come succede per tutte le cose che non hai più, ci si accorge (o ci si illude) di quanto fossero belle solamente quando non puoi più toccarle con mano. Succede con un oggetto fisico o una persona cara, in questo caso per un momento storico. Era molto bello essere piccoli e ingenui, essere giovani e spensierati, non tanto avere davanti Enrico Papi o le Las Ketchup.

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